17 Ottobre 2019
Sicurezza nelle pubbliche manifestazioni e la circolare Salvini: le associazioni chiedono maggiore ascolto.
Bologna, 17 ottobre 2019 – Esiste un prima e dopo Torino, prima e dopo la tragica sera del 3 giugno 2017 quando in piazza San Carlo uno spray urticante provocò il panico tra la gente accorsa davanti al maxischermo installato per la finale di Champions League. Nella calca morirono due donne e ci furono centinaia di feriti. Esiste un prima e dopo quell’evento che ha posto la necessità di intervenire sulle norme che regolano le manifestazioni pubbliche, con l’obiettivo di evitare un’altra piazza San Carlo. Ambiente Lavoro, il Salone dedicato alla salute e al benessere sui luoghi di lavoro, in corso a Bologna ha fatto il punto durante il convegno “Safety e security nelle pubbliche manifestazioni ad un anno dalla circolare Salvini”, promosso da A.N.CO.R.S., Associazione Nazionale Consulenti e Responsabili della Sicurezza sul lavoro.
“Per le manifestazioni in luoghi aperti al pubblico- spiega Massimo Ramasco, referente A.N.CO.R.S. per la Lombardia– sicuramente il rischio che viene subito in mente è l’affollamento, il fatto che ci sia un numero eccessivo di persone rispetto alle vie di fuga”. Proprio dopo i fatti di Torino “sono partite tutte queste direttive che adesso regolano l’organizzazione e la sicurezza di manifestazioni del genere”. Altro discorso “è il comportamento imprevedibile: per evitarlo bisogna prevedere le varie situazioni di rischio”.
Ma come si fa a prevedere che qualcuno spruzzerà dello spray al peperoncino? “Da questo punto di vista- ammette Ramasco- diciamo che ci sono poche possibilità. A meno che non si adotti una politica safe security molto rigida, con un controllo pianificato, perquisizioni: efficace, ma comunque mai al 100%. Ed è abbastanza improponibile in una classica fiera aperta alle famiglie. Inoltre richiederebbe tempi lunghi, personale…”. Insomma, sia logisticamente che per i costi sarebbe difficilmente sostenibile. “Sicuramente- aggiunge Ramasco- si può pensare di ridurre alcuni di questi rischi; per esempio col divieto di utilizzare materiale di vetro per somministrazione di bevande, il divieto di somministrare superalcolici, anche in un raggio un po’ più ampio rispetto alla manifestazione”. E pur senza perquisizioni, comunque, “un controllo ai varchi va fatto“.
A Torino cosa è mancato? “L’organizzazione. Prima di Torino mancavano sia l’organizzazione sia l’attribuzione delle responsabilità. Adesso, invece, queste linee guida ci dicono chiaramente che c’è un responsabile dell’organizzazione, che è l’organizzatore stesso. Quindi nelle classiche feste della Pro Loco sarà il presidente della Pro Loco, che a sua volta deciderà se gestire in prima persona la tematica della sicurezza oppure delegare un’altra persona. Così vengono identificate immediatamente le due persone che, se dovesse andare tutto bene, sono state brave. Ma, se è capitato qualcosa, saranno loro che dovranno risponderne”. Dunque la circolare Salvini è stata utile? “Il lato positivo di questo provvedimento- precisa Ramasco- è che dà un decalogo, dieci punti che offrono un riferimento, in modo che nessuno possa più improvvisare. Dati questi dieci punti, c’è però molto lavoro da fare. Rimangono alcune cose da migliorare perché queste linee guida calano quasi nello stesso modo su tutti i tipi di manifestazione. Quindi ci sono alcuni vincoli che diventano molto pesanti per una piccola festa e che invece dovrebbero essere ampliati per eventi più grandi”.
Insomma, maglie troppo strette per la sagra della castagna e troppo larghe per manifestazioni più importanti che non risolvono di fatto i rischi dei grandi eventi? “Ne risolve una buona parte, rimangono dei punti che potrebbero essere sicuramente migliorati. Credo che per migliorarli a questo punto bisognerebbe chiedere a chi questi piani li fa perché ci vuole il polso della situazione. Ci vorrebbe che a un ipotetico tavolo di revisione venisse chiamato chi effettivamente fa questo lavoro perché possa portare la sua esperienza”. Per esempio, suggerisce Ramasco, “persone della nostra associazione, o di altre associazioni”, che hanno diretta esperienza sul campo. “E queste persone vanno coinvolte nel momento in cui si pensano i decreti, in modo che magari tante cose che sulla carta funzionano bene poi funzionino altrettanto bene nella realtà”.
Finora è dunque mancato l’ascolto delle associazioni? “Do un parere personale- conclude Ramasco-: in alcuni casi manca molto l’ascolto delle associazioni che possono dare un contributo pratico, e non solo teorico”.
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