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Intervista a Bruno Giordano, magistrato in Cassazione: “In due anni ci sono state più stragi plurime che in dieci anni”.

Dott. Bruno Giordano, magistrato in Cassazione (sez. Lavoro)
“In due soli anni in Italia ci sono state più stragi plurime che in dieci anni”
L’Italia continua a stare al palo nella lotta contro gli incidenti e le morti sul lavoro. Cosa accade?
Purtroppo il bilancio è ancora più tragico degli anni precedenti e questo dimostra che tutte le riforme e le soluzioni sbandierate per invertire, almeno, la tendenza dei feriti e dei morti sul lavoro non hanno funzionato e continueranno purtroppo a non funzionare, come avevamo previsto da molto tempo. Negli ultimi due anni ci sono stati più stragi plurime sul lavoro che negli ultimi dieci anni. E questo è la dimostrazione che la sicurezza sul lavoro in questo paese è ancora un miraggio. Dobbiamo anche osservare che le stragi si sono verificate in ambienti di lavoro che non sono certamente delle piccole fabbriche oppure delle modeste manifatture. Si sono verificate tutte in una situazione di appalto o di subappalto da parte di committenze particolarmente autorevoli: Ferrovie dello Stato, Esselunga, Toyota, Eni, Enel e, addirittura, un’Amministrazione comunale. Appalti e subappalti servono sempre di più come valvola di sfogo degli oneri in materia di sicurezza affinché si scarichino verso il basso.
Non bastano i controlli?
Spesso la politica dice che bisognerebbe fare più controlli, ma temo che sia una sorta di paravento per non dire quello che va fatto: assumersi le responsabilità e farle assumere a chi ha in mano un’azienda.
La procura di Prato ha usato parole precise nel formulare gli avvisi di garanzia per l’episodio di Calenzano: “errori gravi e inescusabili”.
L’avviso di garanzia non è una sentenza. Non entro nel merito delle affermazioni della procura, ovviamente. Certamente quello che abbiamo sentito rappresenta un quadro di trascuratezza nella gestione della sicurezza e nell’esecuzione dell’appalto. Vedremo se sarà così nello sviluppo dell’iter procedurale. Certo, quando si parla di errore bisogna stare attenti: qui l’aggettivo usato costituisce un elemento di colpa e non è da intendere come una giustificazione, come quando si parla generalmente di errore umano.
L’Italia ha un apparato normativo abbastanza completo. Eppure non si riescono a sciogliere i nodi di questo fenomeno così drammatico. Secondo lei qual è l’ingranaggio che ancora manca? Delle modifiche normative intervenute in questi due anni non ne condivido nessuna, in particolare quella sulla patente a punti: retorica, dannosa e aberrante. E, tra l’altro, non modifica nulla in materia di edilizia. Bisogna applicare e far applicare le norme che abbiamo, sia quelle di repressione che di prevenzione. Consentire che ci sia un effettivo coordinamento degli organi di vigilanza e che la magistratura sia messa in grado di accelerare questi processi, di concluderli con gli strumenti procedurali necessari e tecnici che invece mancano, e quindi evitare che si arrivi ad una “seconda morte”, cioè alla prescrizione del reato.
La separazione delle carriere dei magistrati perseguita dal Governo che ripercussioni potrebbe avere nella lotta contro gli incidenti sul lavoro?
Stabilito che la separazione delle carriere fa parte di un disegno più ampio della giustizia, dobbiamo dire che non ci sarà alcuna ricaduta sull’efficienza della giustizia. E nessuno si è premurato di spiegare gli effetti di questi interventi sulla celerità, sull’efficienza e la reale praticabilità dei diritti. E questo vale per le vittime di un reato, e ancora di più per le vittime degli incidenti sul lavoro. Nessuna di queste riforme affronta i nodi del diritto alla difesa, del risarcimento del danno, della sentenza in tempi rapidi.